拍品專文
"La tela attorta, tirata, tagliata e strappata, tesa come la capote d'una vecchia automobile o come la copertura di un carro a buoi del Far West, gonfia come una vela schioccante nel vento o rigida come una fasciatura, allegra come una tovaglia macchiata dall'euforia di un banchetto o tragica come un lenzuolo d'obitorio. La tela: questo così umano tegumento, dall'uomo tessuto e all'uomo destinato, che lo accompagni e lo protegga dal primo vagito all'estremo singulto; questo elemento così importante di ogni civiltà, contadina, marinara o pastorale; questa alfa e omega, infine e soprattutto, del pittore postmedievale, dell'artista moderno: eccola da Scarpitta elevata ad unica materia del suo lavoro. Sinora la più adatta, di quante fin qui ne ha sperimentate - colori a olio o a tempera, terre, gesso e sabbia, secondo le tecniche più tradizionali e le più relativamente nuove - ad accettare e restituire, "comunicare", quella concezione essenzialmente dinamica del mondo che è peculiare all'artista italo-americano e che ne ha caratterizzato e definito la ricerca a partire dalle primissime prove.
Questa tela, su cui tanto facile sarebbe impiantare un lungo discorso letterario ove ci si fermasse a quegli aspetti più appariscentemente simbolici che abbiamo rilevato all'inizio, è per Scarpitta puro medium plastico. Essa non ha né un valore neodadaista (di "oggetto trovato" ed eletto a manifestazione squisitamente, irripetibilmente personale) né un valore simbolico (di "apparizione", "presenza evocativa" e insieme "memoria"), ma è soltanto materia anonima che va piegata, tesa e foggiata in funzione espressiva. Con un processo faticoso e difficile che esclude ogni automatismo e richiede anzi un controllo ed una coscienza altissimi, come è del resto nel temperamento del pittore, da un pezzo persuaso che il flusso dell'informe vada finalmente scandagliato (dentro e fuori di sé medesimi) e ne venga tratta un'immagine personale ma fedele del mondo". (C. Vivaldi, Salvatore Scarpitta, Roma 1959, cit. in Salvatore Scarpitta Catalogue Raisonné, Milano 2005, p. 412)
Questa tela, su cui tanto facile sarebbe impiantare un lungo discorso letterario ove ci si fermasse a quegli aspetti più appariscentemente simbolici che abbiamo rilevato all'inizio, è per Scarpitta puro medium plastico. Essa non ha né un valore neodadaista (di "oggetto trovato" ed eletto a manifestazione squisitamente, irripetibilmente personale) né un valore simbolico (di "apparizione", "presenza evocativa" e insieme "memoria"), ma è soltanto materia anonima che va piegata, tesa e foggiata in funzione espressiva. Con un processo faticoso e difficile che esclude ogni automatismo e richiede anzi un controllo ed una coscienza altissimi, come è del resto nel temperamento del pittore, da un pezzo persuaso che il flusso dell'informe vada finalmente scandagliato (dentro e fuori di sé medesimi) e ne venga tratta un'immagine personale ma fedele del mondo". (C. Vivaldi, Salvatore Scarpitta, Roma 1959, cit. in Salvatore Scarpitta Catalogue Raisonné, Milano 2005, p. 412)