拍品專文
L'opera è stata eseguita nel novembre 1951, come attesta una lista compilata a Meudon nella quale è citata al n. 83. Nella stessa lista sono appuntate alcune possibili corrispondenze fra le note musicali e i colori: si tratta di una ricerca già affrontata alla fine degli anni Venti. [...]
I quadri di questi anni sono vistosamente colorati, allegri come può essere allegro il ritrovamento del tempo perduto (ma anche tragico, come a volte è anche per Severini). Tornano sulla tela a proiettarsi le ballerine non più viste al Monico o a Le Chat Noir, ma indagate sui propri quadri di quarant'anni fa. La forma si scompone
e si ricompone alternando pointillisme e fauvisme, cubisme e abstractisme: gli ismes di cui Severini fu complice e superatore. Come al solito, la pittura si lega alla vicenda familiare. Il rilancio internazionale del Futurismo lo spinge a riprendere quel filo interrotto. Nel 1959 Lionello Venturi lo saluta come padre del Futurismo, ma considera anche che "a settant'anni sa creare una visione attuale, aperta sull'avvenire". Lionello Venturi parla per questo periodo di "ripresa della fantasia", ma l'operazione di Severini è più complicata. È un tentativo colto e accorto di rifare le cose di sempre, ma con ritmo dilatato e volontà didattica. Tanti temi li ha sperimentati in modo schematico, e allora li riprende con più distensione e chiarezza; tanti teoremi li ha proposti sulla pagina, e ora li dimostra in pittura. In questi anni c'è lo scavo critico e inclemente unito alla più acuta voglia di dipingere. Dipingere grande, dipingere colorato, tornare all'arte del movimento e a quella della stasi. Riscrivere la giovinezza con intelletto vigile ma anche con toni allegri. Senza prevenzioni, pur avendo und precisa idea delle finalità dell'arte, lo sorprendiamo sempre all'unisono (quando non in anticipo) sulle linee più avanzate. La sua civiltà (e si vede dai nomi degli amici italiani e francesi) è tutta nel pensare all'artista come un nodo pulsante di sensazioni, ma attivamente collegato alla società, e non solo quella artistica.
(D. Fonti, Gino Severini, Milano 1988, pp. 542 e 62)
I quadri di questi anni sono vistosamente colorati, allegri come può essere allegro il ritrovamento del tempo perduto (ma anche tragico, come a volte è anche per Severini). Tornano sulla tela a proiettarsi le ballerine non più viste al Monico o a Le Chat Noir, ma indagate sui propri quadri di quarant'anni fa. La forma si scompone
e si ricompone alternando pointillisme e fauvisme, cubisme e abstractisme: gli ismes di cui Severini fu complice e superatore. Come al solito, la pittura si lega alla vicenda familiare. Il rilancio internazionale del Futurismo lo spinge a riprendere quel filo interrotto. Nel 1959 Lionello Venturi lo saluta come padre del Futurismo, ma considera anche che "a settant'anni sa creare una visione attuale, aperta sull'avvenire". Lionello Venturi parla per questo periodo di "ripresa della fantasia", ma l'operazione di Severini è più complicata. È un tentativo colto e accorto di rifare le cose di sempre, ma con ritmo dilatato e volontà didattica. Tanti temi li ha sperimentati in modo schematico, e allora li riprende con più distensione e chiarezza; tanti teoremi li ha proposti sulla pagina, e ora li dimostra in pittura. In questi anni c'è lo scavo critico e inclemente unito alla più acuta voglia di dipingere. Dipingere grande, dipingere colorato, tornare all'arte del movimento e a quella della stasi. Riscrivere la giovinezza con intelletto vigile ma anche con toni allegri. Senza prevenzioni, pur avendo und precisa idea delle finalità dell'arte, lo sorprendiamo sempre all'unisono (quando non in anticipo) sulle linee più avanzate. La sua civiltà (e si vede dai nomi degli amici italiani e francesi) è tutta nel pensare all'artista come un nodo pulsante di sensazioni, ma attivamente collegato alla società, e non solo quella artistica.
(D. Fonti, Gino Severini, Milano 1988, pp. 542 e 62)